Ascanio Celestini, figura di spicco della narrativa italiana, ha portato in scena uno spettacolo dalla struttura per lui tipica. Tre storie apparentemente banali; estratti di vita quotidiana di una periferia romana: la storia di una commessa, di una barbone e di un facchino nero.
Continua la lettura di PUEBLOArchivi tag: Teatro Stabile di Torino
LE BARUFFE CHIOZZOTTE, UNA COMICA MALINCONIA CON INTERVISTA AD ANGELO TRONCA
Le Baruffe Chiozzotte, regia di Jurij Ferrini, è in scena al Teatro Gobetti di Torino dal 21 Novembre al 17 Dicembre 2017.
Il famoso testo di Carlo Goldoni, uno dei più divertenti scritti dall’autore, ritrae l’atmosfera della vita popolana del Veneto del ‘700: uomini un po’ rozzi, istintivi, bloccati nel rispetto dell’onore e delle tradizioni, prima fra tutte il matrimonio, che è il motore centrale che governa tutte le azioni dei personaggi. Ci sono cinque donne che cuciono merletti in attesa del ritorno degli uomini, in attesa di essere chieste in spose: due di loro sono già maritate e fanno quasi da madri alle altre tre ragazze che non vedono l’ora di andare in spose all’uomo che più le affascina. E da un piccolo corteggiamento mal riuscito scaturisce la grande baruffa che porterà tutti i personaggi di fronte alla legge: Isidoro, interpretato dal regista, è il cogitore veneziano che non solo riuscirà a portare la pace tra le due famiglie in litigio, ma combinerà anche i tre matrimoni.
La traduzione in italiano dell’opera, scritta in dialetto veneto, restituisce alla perfezione il ritmo originario e rende comprensibile a tutti la storia. L’unico a parlare in dialetto (che in realtà si trasforma in una lingua inventata splendidamente comica e incredibilmente chiara a tutti) è il personaggio di Fortunato (Angelo Tronca). Tutti gli attori hanno ottimi tempi comici e usano il corpo in armonia con lo spazio. I personaggi sono dipinti con affetto, sono tutti simpatici e in fondo al loro cuore buoni, con valori puri nella loro semplicità; ognuno di loro è ben tratteggiato, e soprattutto i personaggi femminili hanno una personalità definita e forte. Infatti, sono loro a causare e alimentare i litigi, mentre gli uomini sembrano quasi marionette mosse dalle gelosie e dalle chiacchiere femminili.
Questa commedia però non è solamente risate e ironia, racchiude un nucleo problematico e malinconico, come rivela lo stesso regista. Parla, infatti, di uomini che stanno dieci mesi in mare, facendo una vita molto dura e tenendo in pensiero i loro cari rimasti a casa. Le fanciulle sono ossessionate dal matrimonio, visto più che come un momento gioioso, come un modo per andarsene di casa. Per sposarsi basta darsi la mano, gesto che può diventare meccanico, come meccaniche e ripetitive appaiono le vite di questi giovani. Inoltre, mancano figure genitoriali di riferimento, sebbene siano poi gli uomini più maturi a cercare di far ragionare tutti e a voler riportare la serenità.
Interessante la scelta di Ferrini di trasporre la vicenda in un contesto meta teatrale: stiamo infatti assistendo a una prova aperta, non esiste la quarta parete né l’illusione del teatro, solo un abbozzo di scenografia. I costumi sono normali abiti di tutti i giorni, anche se ogni attore ha uno stile che lo differenzia dall’altro e che richiama il carattere del proprio personaggio. A ricordare l’epoca storica di questa commedia stanno dei manichini sullo sfondo vestiti con abiti settecenteschi. Così il passato e il presente si fondono nelle Baruffe senza tempo.
di Carlo Goldoni
traduzione Natalino Balasso
con Jurij Ferrini, Elena Aimone, Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Christian Di Filippo, Sara Drago, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Rebecc a Rossetti, Michele Schiano di Cola, Marcello Spinetta, Angelo Tronca, Beatrice Vecchione
regia Jurij Ferrini
scene Carlo De Marino
costumi Alessio Rosati
luci Lamberto Pirrone
suono Gian Andrea Francescutti
regista assistente Marco Lorenzi
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
di Alice Del Mutolo
INTERVISTA AD ANGELO TRONCA
Oggi è qui con noi Angelo Tronca, un attore che ha collaborato con il teatro Stabile di Torino interpretando il personaggio di Fortunato nello spettacolo. Insieme a lui, cercheremo di capire meglio il suo ruolo, la sua formazione e le sue passioni.
intervista a cura di Alessandra Nunziante
ELEPHANT WOMAN: LA PISTOLA DELLA FOLLIA
Un altro spettacolo del ricco programma del Festival delle Colline Torinesi 2017: Elephant Woman, di Andrea Gattinoni con Silvia Lorenzo, in scena al Teatro Gobetti.
La scena è completamente vuota: quinte e fondale neri e una luce fissa. Nel buio sentiamo un rumore di tacchi a spillo, poi entra una donna con un rossetto rosso, seminuda, che inizia a parlare di sé, Topazio, e della sua amante, B. Dopo pochi minuti ci da le spalle ma, girandosi di nuovo, ci punta addosso una pistola: proprio questo oggetto sarà il punto di tensione di tutto lo spettacolo, perché il pubblico non riuscirà mai a staccare gli occhi dall’arma e, proprio per la sua presenza, non abbasserà mai l’attenzione nemmeno per un secondo.
Topazio è una giovane donna che decide di abbandonare famiglia, lavoro e amicizie per vivere ai margini della legalità e per dare sfogo a ogni pulsione. Il racconto procede con l’attrice sempre al centro della scena. Si muove lentamente e, nonostante sia sola, non fa mai sembrare vuoto il palcoscenico. Ci cattura con la mimica e con il corpo, con la voce suadente e con i racconti della sua vita: una vita di dolore, di abusi, di solitudine e di insicurezza.
Per tutto lo spettacolo abbiamo l’impressione di trovarci all’interno della mente un po’ malata di Topazio: i suoi racconti provengono dal buio, da un incubo, e non saremo mai sicuri della veridicità delle sue parole. Ma non è questo l’importante, non è necessario sapere se siano tutte bugie o se sia un sogno. Il testo, infatti, vuole farci riflettere sul doloroso destino di alcune donne maltrattate e poi abbandonate a loro stesse. Questo non può far altro che creare esseri umani che non distinguono più la realtà dalla finzione e finiscono per relegarsi ai margini della società.
Il perno emozionale dello spettacolo è la lettura di una lettera alla madre, che non ha mai aiutato la figlia abusata dal padre: la disperazione, il dolore e la follia che ne deriva si scatenano come una tempesta, amplificata dall’uso di un microfono panoramico.
L’attrice Silvia Lorenzo è stata in grado di tenere alta l’attenzione degli spettatori per un’ora di monologo. Alla drammaticità dei racconti si sovrappongono momenti comici in cui l’attrice ripete a memoria definizioni tecniche della lingua italiana o astronomiche come se fosse una voce automatica, esterna al personaggio.
Un colpo di pistola sottolinea il termine dello spettacolo, facendo domandare a tutti gli spettatori se Topazio si sia uccisa, se abbia ucciso qualcuno, o se sia mai esistita.
Alice Del Mutolo
di Andrea Gattinoni
regia Andrea Gattinoni
con Silvia Lorenzo
produzione Teatro Filodrammatici, Festival delle Colline Torinesi
Intervista a Leo Muscato
Intervista a Leo Muscato
Regista della versione teatrale di Il nome della rosa di Umberto Eco. Torino, maggio 2017, Teatro Carignano.
Un omaggio nel primo anniversario della scomparsa del grande intellettuale.
A cura di Abdelmjid El Farji (Magid)
https://www.youtube.com/watch?v=A5sXOA2S4Pw&feature=youtu.be