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MANGIAFOCO

L’allungamento del naso in Pinocchio è solitamente raccontato in termini morali, legato alla riprovazione verso il proferire bugie; ma sollevandosi da questo orizzonte, si potrebbe anche dire: Pinocchio è colui che, raccontando fole o fantasie, subisce una trasformazione fisica: e non è, questa, una delle possibili condizioni o definizioni dell’attore?

Ecco dunque che gli avvenimenti dei tre capitoli del Gran Teatro dei Burattini nel Pinocchio di Collodi detengono il ruolo essenziale di rivelatore della natura burattinesca di Pinocchio: e le grida con cui Arlecchino e gli altri burattini interrompono la recita nel momento in cui lo scorgono tra il pubblico segnano il momento del riconoscimento, dell’appartenenza di Pinocchio a quel mondo, in una sorta di misterioso ritorno a casa. E in quel Teatro, messo alla prova da Mangiafoco, l’enorme e pauroso burattinaio, che minaccia di bruciare Arlecchino in sua vece dopo averlo graziato dalla medesima fine, Pinocchio si propone come eroe tragico, come legno da ardere, adeguandosi perfettamente e naturalmente, per dirlo con Giorgio Manganelli dal suo Pinocchio: un libro parallelo, al “mondo, le leggi, il linguaggio del Gran Teatro”: è il momento, sempre Manganelli dixit, in cui “Egli ha incontrato se stesso, e si è riconosciuto. E si è salvato.”

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