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LO SPAZIO DEL TEMPO – TEATRO STABILE DI TORINO

Conferenza stampa stagione 2023/24

Giovedì 8 giugno, presso il Teatro Gobetti, ha avuto luogo la conferenza stampa della nuova stagione del Teatro Stabile. Un titolo come Lo Spazio Del Tempo suggerisce la volontà di riconquista del proprio tempo, ma anche di tenere viva la memoria. In questo senso, il programma vede intrecci tra le tragedie classiche e riletture shakespeariane; la presenza di testi di Cěchov, Goldoni e Pirandello, ma anche drammaturgie contemporanee; e si ricorderanno gli anniversari di Italo Calvino e Giovanni Testori. Oltre ai 55 debutti, troviamo una collaborazione con TorinoDanza e con il Festival Delle Colline Torinesi (trovi l’articolo qui) con Il Terzo Reich di Romeo Castellucci.

Sostenibilità, inclusione e accessibilità sono le parole d’ordine della stagione Lo Spazio Del Tempo.

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10MG

10mg parla della mercificazione della malattia attraverso il sistema pubblicitario. Sempre più frequentemente, infatti, attraverso il marketing e la pubblicità viene cambiata la percezione dei disagi quotidiani, che diventano vere e proprie malattie. La pubblicità funziona a tal punto da trasformare molte persone in pazienti e il farmaco, per costoro, diventa come una droga. I nomi dei farmaci usati in questo testo non sono reali, ma ogni malattia menzionata lo è poiché la realtà (come spesso accade) supera di gran lunga la nostra immaginazione.
Due sono i mondi che si muovono, come su binari paralleli, in questo testo: quello di una famiglia e quello di una casa farmaceutica. Nella prima, la Moglie e il Marito sembrano non comunicare e subiscono in modo diverso il problema di un figlio a cui è stato diagnosticato l’ADHD. Nella seconda, il Direttore marketing e la sua segretaria sembrano invece comunicare esclusivamente per ragioni lavorative: dopo aver concluso con successo la campagna pubblicitaria per un farmaco contro l’ADHD, stanno lavorando a una nuova per un prodotto contro il dolore da lutto.

Se in un primo momento il Dottore e il Direttore della pubblicità sembrano farla da padrone la fine dello spettacolo lascia aperta una riflessione: il mondo del marketing diventa succube e vittima dei prodotti da loro stessi creati, creando così un intreccio tra i due mondi, che risultano essere entrambi “malati”, l’unica soluzione possibile alla sofferenza è quindi il recupero di un po’ di sana umanità nelle relazioni e di ascolto reciproco.

La scenografia è nel complesso piuttosto efficace e cambia spesso, costruita con molti oggetti ma al contempo piuttosto minimalista e ricorsiva, l’elemento che colpisce di più è una grande mensola piena di medicinali che funge spesso anche da sipario nei cambi di scena.

Il rapporto con gli oggetti risulta convincente e di forte impatto visivo: gli attori colmano così – almeno in parte – attraverso il movimento espressivo quello che è sul piano della pura recitazione un livello che potrebbe essere definito “medio” ( se si considera il panorama attoriale italiano).

I costumi sono semplici ma rappresentativi e caratterizzanti: la suite da tipico imprenditore milanese per il Direttore del marketing, il camice per il Dottore e così via.

In generale si tratta di un testo originale, che ben si adatta anche alla situazione in cui ci troviamo oggi di pandemia da Covid-19 durante la quale tutti noi siamo stati sicuramente, più che in altri momenti della nostre vite, a contatto con la medicina e con la malattia. Il testo viene interpretato senza cadere in toni troppo drammatici riuscendo al contrario a strappare un sorriso insieme alla riflessione su un argomento così serio e così attuale.

Irene Merendelli

10 mg
di Maria Teresa Berardelli
Menzione speciale al Premio Hystrio Scritture di Scena, 2015
con Andreapietro Anselmi, Carolina Leporatti, Davide Lorino, Francesca Agostini, Lucio De Francesco
regia Elisabetta Mazzullo
scene e costumi Anna Varaldo
light designer Jacopo Valsania
musiche Bettedavis
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

“SE QUESTO è UN UOMO”

“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e i visi amici, considerate se questo è un uomo.”


In occasione del centenario della nascita di Primo Levi, il direttore del TPE Valter Malosti firma l’interpretazione e la regia di “Se questo è un uomo“, in collaborazione col “Centro Internazionale di Studi Primo Levi”.


Ad accoglierci proiettata in scena vi è la neve che cade lenta, e riusciamo quasi a percepirne il freddo pungente.
Il tempo rallenta e noi veniamo catturati dalla sua maestosa danza, che sembra rendere incorruttibile ogni cosa.
Malosti è solo sulla scena, preso a schiaffi dai contrasti di luce che con violenza ora ne mostrano il volto, ora lo lasciano in penombra. Porta con sé una valigia per l’intera durata dello spettacolo: quella valigia è il suo attaccamento alla vita, contiene i suoi ricordi ed il suo essere uomo. Quello che è stato e quello che deve, nonostante tutto, rimanere. Il testo è totalmente fedele all’omonimo libro, le parole sono lapidarie e sembrano correre come sui binari di un treno.

“Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo.


Il protagonista si fa portavoce di queste parole ed il suo è un procedere incessante, con l’urgenza interiore di chi non può e non vuole dimenticare nemmeno un frammento dei propri ricordi. E’ la paura di chi non vuole perdersi neanche una parola, è la necessità di raccontare, perché è l’unica arma che ha per restare vivo, ancora.
La scenografia iniziale è l’idea di una casa: ne ritroviamo le sole pareti mentre gli interni sono spogli, proprio come sono vuote le poche persone di ritorno dai campi di concentramento.

Fa una breve entrata in scena una donna: sembra spezzata, piegata da qualcosa che ancora non è in grado di comprendere e di spiegare e che forse mai potrà. Sfiora i muri della casa con la delicatezza con cui si accarezza un bambino e poi viene trascinata contro la sua volontà insieme agli atri.

“Vagoni merci, chiusi dall’esterno. E dentro uomini, donne, bambini, compressi senza pietà come merce di dozzina in viaggio all’ ingiù, verso il fondo.”

Lo spettacolo punta moltissimo sulla componente sonora: Gup Alcaro ne cura la riscrittura scenica ponendolo in primis come un’opera acustica. Questo risulta evidente nei 3 madrigali creati da Carlo Boccadoro a partire dalle poesie che Levi scrive di ritorno dal campo. Malosti dichiara di essersi ispirato per questo rifacimento ed in particolare per l’inserimento di questi cori, al teatro antico. Anche la scelta di un unico interprete in scena, di una sola voce senza alcuna mediazione, è spiegata dal fatto che è –una voce che, nella sua nudità, sa restituire la babele del campo degli ordini, delle minacce e del rumore della fabbrica di morte-.

Vi è l’intervento, oltre che di una donna, anche di un uomo: costui però indossa la purtroppo ormai celebre divisa a righe bianche e nere ed ha il volto totalmente coperto, ma i tratti del viso sono ancora riconoscibili.
Cammina sì, ma senza emettere fiato, mette i passi uno davanti all’altro senza alcuna meta. E’ un uomo, o forse un tempo lo è stato, e ora si aggira per la scena come un automa, un manichino, come l’ombra di se stesso.

“Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.”

Queste sono le parole di Levi che però incita, nonostante tutto a mantenere almeno “lo scheletro, l’impalcatura, la forma della civiltà.”

Malosti non punta ad un coinvolgimento dello spettatore, ma anzi mantiene un certo distacco, forse proprio perchè non può esserci un’identificazione con le atrocità che uomini sono stati capaci di infliggere ad altri uomini. Nonostante ciò per quasi due ore veniamo catturati dall’atroce e scomoda verità delle parole di Primo Levi.
Grande è il lavoro di Malosti non solo dal punto di vista registico ma anche e soprattuto attoriale: dritto davanti a noi, e per lo più fermo, è in grado di sprigionare un’energia evocativa che non è data solo dalla potenza della parola.

Non c’è una senzazione di sollievo alla fine, anche se il protagonista riesce a sopravvivere, poichè la nostra mente è stata rapita e ‘contaminata’ dal ricordo di un’atroce crudeltà.
Ma Primo Levi ci ricorda che “Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare.”


Tratto dall’opera di Primo Levi “Se questo è un uomo”
regia: Domenico Scarpa e Valter Malosti
scene: Margherita Palli
luci: Cesare Accetta
costumi: Gianluca Sbicca
progetto sonoro: Gup Alcaro
madrigali: Carlo Boccadoro
video: Luca Brinchi, Daniele Spanò
Attori: Valter Malosti con Antonio Bertusi, Camilla Sandri

Ilaria Stigliano

Clitennestra: il riscatto di una donna e la lotta contro la civiltà decaduta

Martedì 1 marzo e per le cinque serate a seguire, il Teatro Carignano ha ospitato sul suo palcoscenico lo spettacolo Clitennestra, una produzione del Teatro Biondo Stabile di Palermo. Scritto e diretto da Vincenzo Pirrotta, la rappresentazione ha presentato un cast totalmente al femminile: infatti, accanto all’interpretazione di Anna Bonaiuto nel ruolo del personaggio principale (Clitennestra), abbiamo avuto Odette Piscitelli (Oreste), Giulia Andò (Elettra), Roberta Caronia (Corifea) e Cinzia Maccagnano (Corifea), Elisa Lucarelli (Sacerdotessa), Lucia Portale (Coreuta) e Yvonne Guglielmino (Coreuta).

Dopo un lungo sonno durato tremila anni, Clitennestra si risveglia con un unico scopo: spiegare le motivazioni che l’hanno portata a macchiarsi dei noti scempi e riscattare così la propria dignità. Ma a stento riesce a riconoscere la sua Micene, tutto è cambiato, siamo infatti in un mondo immaginario collocato in un futuro impreciso. Continua la lettura di Clitennestra: il riscatto di una donna e la lotta contro la civiltà decaduta